giovedì 19 marzo 2009


Azarel. Ho letto questo libro tutto d'un fiato, lo stile mi è piacito molto.
Come ben scritto nel suo saggio da Kobanyai il romanzo ha due chiavi di lettura quella della descrizione della ribellione di un bambino contro la sua famiglia, la società in cui vive, e una seconda, più profonda "quella del grande conflitto generato all'interno della comuntà ebraica... dall'assimilazione".
I due livelli di lettura sono strettamente correlati, ma visto che il mio mondo da più di un anno gira intorno alle mie sensazioni di mamma, sono rimasta colpita dalla prima, e più superficiale, chiave di lettura.
Pap ha una straordinaria capacità di entrare nella psiche del bambino e di esaminare con gli occhi del protagonista il mondo degli adulti.
Un mondo che ne esce a pezzi, così come ne esce a pezzi il rapporto con la sua famiglia.
I pensieri di Gyuri mentre osserva con i suoi occhi da bambino la madre affaccendata nei suoi lavori domestici, il padre rabbino mentre dice la sua predica, i fratelli impegnati nelle loro attività, valgono per me più di mille "guide per i genitori".
Due occhi capaci di analizzare con estrema lucidità e freddezza le persone che girano intorno a lui.
Una immensa tristezza mi è rimasta nel ripensare a quella figura sterile di madre, incapace di rendersi conto della richiesta di amore da parte di un figlio desideroso ma incapace di chiedere.
" ..e a me rimaneva solo la sua voce... Se almeno questa voce lontana ,mi avesse detto " Non ci sono baci favole, canti musica, scusami, sono una semplice massaia null'altro. Non aspettarti niente da me, ma non desiderare un'altra madre, amami per quello che sono" Ma no nemmeno questo!.... Allora lei si chinava verso di me e mi dava un bacio fugage e mi diceva "Da bravo torna nella tua camera......" Quanto era misero quel bacio..."
e incapace di soddisfarla anche quando esplicitamente richiesta
" Sia una vera madre! Per l'ultima volta!"

Nessun commento: