martedì 3 febbraio 2009

Recessione: balliamo sul mondo


La crisi colpisce tutto e tutti, così dicono TV e giornali. Cassa integrazione, disoccupazione, ostilità nei confronti di chi viene da lontano per rubare il lavoro agli autoctoni. Non c’è da stare allegri perché l’economia è in recessione. Ma cosa significa recessione. Navigando in rete si può decidere di fermarsi un po’ su Wikipedia e approfondire il tema. Si legge quanto segue:
Sintomi delle fasi di recessione possono essere la diminuzione del tasso di crescita della produzione, l'aumento della disoccupazione, la diminuzione del tasso di interesse in seguito alla riduzione della domanda di credito da parte delle imprese, il rallentamento del tasso di inflazione causato dalla diminuzione della domanda di beni e servizi da parte dei consumatori.
Quindi, in fase di recessione l’economia cresce di meno e la domanda di beni e servizi diminuisce. Per alcuni questi sintomi non sono affatto negativi e preoccupanti. Certo è che, causando maggiore disoccupazione e instabilità sociale, difficilmente si possono cogliere gli aspetti positivi. Ed infatti, da ogni parte politica e da ogni discorso che si sente, che provenga dal primo o dall’ultimo cittadino del paese, si sente dire che per uscire dalla crisi è necessario fare ripartire l’economia.
E, come si fa a fare ripartire l’economia? Aumentando la domanda di beni e di servizi e quindi aumentndo la produzione. GENIALE.
L’importante è acquistare il più possibile, non è importante che si acquisti qualcosa di necessario, l’importante è acquistare. E a nessuno interessa che l’aumento della produzione e del consumo vada di pari passo con la produzione di rifiuti e con lo sfruttamento sempre più massiccio delle risorse naturali. Questo è un effetto secondario.

Ci si ostina a pensare che il nostro modello di sviluppo sia l’unico possibile, non si vedono (o, per meglio dire, non si vogliono vedere) alternative all’orizzonte.

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